Erano piene

Erano piene

La madre di Maria guarda la televisione, quando infilano la prima manciata di terra nella bocca della figlia. Dentro, tutta dentro. 

Il gatto nero di Maria si lecca la zampa, quando i polmoni della sua padrona collassano, per colpa della mano che la farcisce di fango. 

Il papà di Maria, Luca, ha la mano sul seno della sua amante, quando la figlia con gli occhi sbarrati smette di vedere. Morta. Zeppa di terra fino all’esofago. 

La sua anima toglie il disturbo dal corpo e si dissolve nell’anidrite carbonica del bosco. 

Un ultimo sguardo prima di allontanarsi.

I cadaveri al suolo sono due. Di fianco a lei il corpo nudo di un’altra ragazza. 33, i loro anni in tutto. L’età del Cristo morto sulla croce, scriveranno in seguito i giornali. Ma di croce, lì, non ce n’è nessuna. Rigide come paletti nell’incarnato bianco, le ragazze sembrano vermi serviti su un letto di fango. Pronte per essere degustate dai rumori vivi della notte. 

Sola, l’anima di Maria sa dove andare. Non dall’uomo che l’ha uccisa. Ma da quello che l’ha messa al mondo.

Eccolo. 

Mentre vive la sua passione clandestina con Liz.

La donna non oppone resistenza a quello che le fa Luca. Accoglie ogni sua lunghezza – dita, lingua e il resto – mentre lui preme per scivolarle dentro. 

Anche la Vergine si muove come un’ossessa Sul ciondolo della catenina appesa al collo dell’uomo, vede tutto. Avanti e indietro, al ritmo dei movimenti di Luca, sbatte sul seno della donna. Poi scende giù a guardare da vicino il bianco delle cosce e il nero dei peli.

C’è l’anima di Maria lì, rifugiata nel ciondolo della Vergine che porta il suo nome. È

intenta a contemplare il padre.

Albeggia, quando un cacciatore ritrova i cadaveri.

«Erano piene». Dirà in una intervista al tg. 

«Ho trovato terra negli stomaci. Devono averne ingoiata nel tentativo di respirare». Le parole del medico legale.

«Il fango cadeva a grumi dalle gambe. Sembrava se la fossero fatta sotto. L’assassino le ha tappate anche lì». Dirà un agente agli amici.

«No, nessuna traccia di violenza sessuale, né di lotta. Sembra che le vittime non abbiano opposto resistenza». Dirà la scientifica.

Luca è in piedi davanti a Liz, si infila i pantaloni. La donna, in ginocchio sul letto, gli abbottona la camicia. Dal basso un’asola, poi un’altra.

«Stai con me un altro po’?» gli chiede.

«Non posso, mi tocca andare da quella storpia di mia moglie».

Liz abbassa le braccia lungo i fianchi. Guarda Luca, interrogativa. 

«Non ti ho mai sentito parlare così di lei. Cos’è questa cattiveria» gli dice.

È strano, pensa Luca. Non ama più la moglie ma non l’ha mai insultata. Da solo, finisce di chiudere i bottoni. Si sistema la catenina negli indumenti e riporta al buio l’anima di sua figlia.

A casa, la notizia lo investe appena apre la porta. 

«Perché la nostra bambina!» grida la moglie. Appoggiata al marito, gli sgualcisce la camicia aprendogliela sul petto. 

Maria si risveglia. 

Le anime di chi è morto in modo violento vagano per giorni. Luca ha poche parole. Solo pensieri e questo è il primo che gli balena in testa. È qui. Pensa della figlia. Mi sta giudicando. Oh amore di papà. Tu morivi e io mi divertivo con un’altra donna. Si guarda intorno per cercare tracce della presenza della figlia. Incorniciata in primo piano in una foto, Maria sembra guardarlo. Le sue pupille sono più nere del trucco che ha sopra e sotto gli occhi. I capelli a caschetto terminano all’altezza del mento, spigoloso come gli zigomi. La catenella che dal piercing al naso si congiunge al lobo dell’orecchio non trova l’ostacolo delle guance gonfie. Maria non ride in quello scatto: per una dark è proibito; come confidarsi coi genitori, aggiunge Luca nella sua mente. Oh tesoro, scusa se sono stato un padre assente. Distoglie poi gli occhi dal ritratto per riportarli nella stanza. Tutto è immobile, tranne i due poliziotti che confabulano tra loro mentre lo osservano.

 «Dovremmo farle delle domande» gli dice uno.

 Oh, cazzo, pensa Luca rendendosi conto di non aver pianto alla notizia. Crederanno che ti abbia uccisa. Staranno studiando le mie reazioni. Perché non riesco a disperami come fa quella culona? Ce l’ha con la moglie, la guarda zoppicare per raggiungere il divano. Sul bracciolo il pacchetto di patatine è aperto. Ti stavi strafogando quando hanno ucciso Maria? Ti sei messa all’ingrasso. Non ti lamentare se ti tradisco. Stronza.

Luca ha i brividi. Ha paura della mente che non gli dà tregua. Maria? Stai ascoltando? Papà non le pensa queste cose. Mamma è bella. 

Al funerale ci sono tutti. Luca siede vicino alla moglie e ai genitori della ragazza uccisa. I parenti, curvati dal dolore, sembra che tocchino con le spalle l’inginocchiatoio. Luca no. Dritto sulla panca allenta il nodo alla cravatta: cerca aria. La trova, come il ciondolo che tiene al collo.

Sull’altare, il crocefisso è di legno. Lo sono anche le bare al centro della chiesa. Luca non ascolta, né il prete né i pianti. In alto, col costato piagato, il Cristo lo guarda, Luca non aspetta un attimo per bestemmiargli contro. È il tuo funerale piccola mia e io… pensa sconvolto. Strizza gli occhi. Vuole tenerli chiusi. Spera così di spegnere i pensieri.

Liz, da dietro, gli mette una mano sulla spalla. Luca si eccita, non sa perché. Si volta a guardarla e inizia a immaginare. Di scene, con la durezza che si ritrova, gliene vengono in mente tante… Senza abbassare i pantaloni, solo con la zip aperta, prende Liz davanti a tutti. Le penetra il pertugio più stretto senza lubrificarla. Liz, dopo i primi strilli, si bagna e il suo essere troia scatena l’eccitazione dei presenti. Chiunque può andare da lei per saggiare quanto è cagna; inzuppare le dita più lunghe o la lingua nelle sue pieghe, con l’avidità di chi vuole conoscere nuovi sapori. Anche il prete si masturba; una volta finito, dà l’ostia con le mani imbrattate di sperma, e le fedeli che non ne hanno avuto abbastanza gli leccano le dita. Luca scuote la testa, non può pensare a questo adesso. Sposta gli occhi su un uomo in fondo; uno di quelli che nelle scene di prima avrebbe faticato a trovarselo. Guarda che pancia che hai. Ciccione. Se ti viene un ictus è colpa tua. Pensa. Ormai fa solo questo, e questi pensieri, ne è certo, Maria li sta sentendo. Non riesce a stare fermo sulla sedia. Ha bisogno d’aria. 

«Pover’uomo» dicono i presenti vedendolo scappare dalla chiesa con le mani aggrappate al viso per la disperazione. 

Seduto sul muretto del sagrato, Luca cerca il silenzio nella testa. Vicino, un neonato in passeggino lo fissa. Non gli toglie gli occhi di dosso. Che vuoi da me? pensa. La madre del bambino aspetta che il piccolo faccia un sorriso. «Ridi, amore» lo esorta. Luca non regge quello sguardo che gli scruta l’anima. Che vedi? Il diavolo forse? si chiede e si allontana. Il bimbo rotea il collo per seguirlo. È un attimo, i nervi della nuca si gonfiano per poi ritornare sul cuscino, distesi come il filo del carillon che la mamma ha tirato giù per calmarlo dal pianto.

Ma cosa sono diventato? si chiede e non sa rispondere.

Le campane suonano a lutto, mentre accende il motore della macchina. 

Ha deciso cosa fare: uccidere i pensieri.

Dopo il primo tornante gli è chiaro il come. 

La curva nel triangolo del cartello stradale sembra un serpente, vorrebbe gli stritolasse la testa. Luca non frena, né sterza, dà ancora più gas.

«Si è schiantato contro la montagna». Dirà la stradale, una volta rinvenuto il cadavere tumulato dalle rocce.

In mezzo c’è il diavolo. Enorme in ogni parte del corpo.

Luca è nel posto che spetta ai suicidi. Osserva lo scenario intorno. I corpi si spingono per buttarsi giù, nell’ammasso di terra e putrefazione dove manca l’aria. La puzza fa venire i conati, e il vomito scivola tra i mucchi di carne. 

In piedi ci sono solo poche anime. Le preferite. Il demonio ne chiama una. Giovane e nuda procede sinuosa verso di lui. Ha i capelli a caschetto.

Come…

 «Come me?» gli grida la ragazza girandosi di scatto a guardarlo. Ha gli occhi di fuori.  

«Maria!» esclama Luca assiderato dallo spavento di quel volto.

 «Che idiota che sei» gli urla la figlia con voce rabbiosa. «Non ce la facevi più a sentirli nella testa? I pensieri. Te li mandavo io, ma erano solo i tuoi. Ipocrita». Maria ride, sa che il padre non può risponderle. L’inferno gli ha mandato le sanguisughe e l’uomo combatte per staccarsele dalla gola. 

La ragazza lo raggiunge e gli strappa la catenina dal collo. «Ero qui dentro» gli dice indicando il ciondolo. «Nella Madonna. Per ingigantire i tuoi pensieri. Mi piacciono le cose grandi». Allude al diavolo. Dietro di lei, con la lingua di lucertola, la lecca ovunque; ma è Maria che, come un rettile, spalanca la bocca e ingoia la catenina.

Anche i dannati si sono accorti di Luca e lo vogliono nel fango con loro. L’uomo si dimena contro i corpi che lo schiacciano. Sputa terra dalla bocca. Invano. Altre mani gliene fanno ingoiare di nuova. 

«Che impedito» lo deride Maria col suo alito freddo di grotta. L’uomo lordo di sporcizia tende un braccio alla figlia. Implora il suo aiuto. Maria non gli dà attenzioni. Continua a parlargli con ferocia. «Ti chiedi cosa ci faccio qui?» Indica al padre una ragazza che lì vicino le accarezza i capelli. «Ho ucciso lei» dice. «Fai vedere a mio padre come ridi» le chiede. 

A comando, la giovane schiude la bocca in un ghigno di denti marci, un momento dopo la richiude, per riprendere a venerare Maria. 

«Anch’io mi sono fatta uccidere» continua. «Volevamo morire insieme quella notte, la mia amica e io, per stare qui e adorare lui. Come hai fatto a non accorgerti che sono una satanista?» dice, mentre il diavolo con la lingua senza saliva le dimostra la sua riconoscenza screpolandole i capezzoli. 

Infine Maria si china davanti alla bestia. Il padre la guarda e la invidia. Vorrebbe essere al suo posto. Meglio col cazzo in bocca, piuttosto che soffocato dalla terra per l’eternità.