La casa al confine tra i mondi

La casa al confine tra i mondi

Mi è sembrato di non essere nel luogo giusto, ovvero, di non essere esattamente in un luogo da cui sarei potuta fuggire. La cucina con tutti gli orpelli, le pentole agganciate, le chincaglierie, l’orologio a pendolo, le stanze zeppe di libri, le librerie su ogni parete. Lui leggeva prevalentemente testi sacri, ultimamente il corpus ermetico e i cabalisti. D’inverno sembrava russo, intabarrato nel cappotto gotico, le orecchie coperte dal colbacco. Non importa dove ci troviamo perché potremmo trovarci a Pietroburgo, a Mosca, o in altri luoghi nordici, o al limite arabi: i piatti di Marrakech e il narghilè fanno pensare al Marocco, alla Turchia. Gli chiedo di mettere un disco di Bach, ha un giradischi antico e impolverato, che sembra sgusciare fuori dagli anni cinquanta, cimelio di un tempo anteriore. Quando l’ho conosciuto, mi ha portata a San Clemente, mi ha illustrato la storia del mosaico, non ne ricordo che frammenti, ma poi siamo scesi al Mitreo. Anche qui, come a casa sua, ogni stanza è un piano discendente. Nella statua di Iside ha ritrovato qualcosa che mi apparteneva e che avevo perduto. La sua casa è in un luogo che non ha luogo, e nonostante il pendolo si ostini a segnare l’ora esatta, tutto è bloccato in un divenire senza scampo. Ha tirato fuori due carte che avevano a che fare con il mio nome: la morte e il folle. Come se non lo sapessi, non avrei avuto altro da suggerire. Tu sei nella morte da ventidue anni, ha detto, Non ti sei stancata? Sì, ho detto, Sono stanca, anzi, stanchissima. E mi è venuta voglia di restare, di fermarmi nella casa al confine tra i mondi, di bloccare gli eventi e rinunciare all’esterno. Lui prepara da mangiare, cose toste, non c’è che dire, dall'amatriciana alla pajata. Se arrivasse un serial killer per ucciderlo lui direbbe: Siediti, mangia, bevi un bicchiere di vino e poi vediamo. Se arrivasse la Morte farebbe lo stesso, come in un film dei Monty Python. Qui, dice, Sono passate molte cose, alcune antiche e altre giovani. Delle antiche c’è sempre da temere perché conoscono la natura dei mondi, per le giovani te la cavi con un esorcismo. E il folle?, dico. Il folle è la tua esuberanza, la tua difficoltà a lasciare andare, l’iniziativa presa senza calcolare le conseguenze, l’invidia smisurata, l’ambizione che ti corrode da parte a parte. L’ho guardato come lo guardai la scorsa estate, quando ero stata risucchiata dalle reti fosforescenti in cui mettevo le cose da buttare, le fissavo e dicevo: Come ha potuto trattarmi in quel modo? Lui, impassibile, non faceva che ricordarmi: Tutto è accaduto perché l’hai permesso, riprendi le parti smarrite, rivendicale sotto il tuo dominio. Ma loro vivranno, dissi, Vivranno tutti oltre me, superandomi, osteggiandomi. Allora hanno già vinto, diceva, Sei tu che li fai vincere.

Quali spiriti sono entrati da questa porta? Quali sono usciti dalla finestra sul cortile? Tutti, dice. Tutti escono all’aperto, nell’aperto ritrovano il passaggio. La luce corrusca della camera da letto sbocca in una finestra bianca, poi ci sono i pini, che lui per errore definisce cedri. No, sono proprio dei pini, hanno aghi e pigne. Sono cedri del Libano, dice. Quando ti affacci vedi solo il bosco, e non sai mai cosa puoi trovare oltre. La terra è fradicia di nevischio. Ti viene voglia, dico, Di non uscire mai, come se questo fosse l’unico posto caldo tra il deserto e la neve. Lo è, dice lui, Ma uscire bisogna uscire, ti metti un cappello e una giacca, vai a fare la legna, prendi ciò che devi, torni, accendi il camino e una candela, la guardi, sciogli i pensieri.

Trascorrono i giorni, non c’è campo, non c’è rete, qualcuno mi cerca e mi dà per dispersa. Ho fronteggiato tutto quell’orrore, dico. Lui sa a cosa alludo, sa che devo fermarmi, anche se tutti mi daranno per dispersa. Devi fermarti, dice, Tanto non puoi invecchiare, e poi qui dentro il tempo è completamente immobile, se ci fai caso il pendolo suona quando vuole lui. Non esistono le ore, e neanche i minuti, lo spazio è la distanza tra un libro di Bruno e uno di Lévinas. Non ci sono buchi alle pareti, nonostante i dipinti, la dea Kalì mi guarda incorniciata accanto allo specchio. Se anche decidessi di andare dovresti scegliere tra il deserto e la neve, come tra morte e follia, dice. Io so perché sono qui, sembrerà futile ai più ma io ho sempre saputo di questo luogo, aspettavo di conoscere la strada.