Metti una sera a Parigi

Metti una sera a Parigi

Io te lo vorrei raccontare di quella volta che ci ho provato a finire sotto terra. Se solo avessi un po’ di coraggio, ché non è mica facile l’ammissione, confessare di aver fallito, mi guardo intorno, le luci degli alberi senza foglie, stelle d’oro che ammiccano, l’aria che pesa, sa di acqua di mare, malsana tocca la pelle, la pizzica quasi, acida, non si può bere. Fa freddo. Lei passa, bionda di gambe lunghe, come i capelli, Jimmy Choo ai suoi piedi, e pure io, steso sulla grata di ferro, Mc Donald’s alla sinistra, mantengo la posizione orizzontale, ché questo è l’unico posto caldo, il boulevard, l’aria sale dal tunnel della metropolitana, linea azzurra, Ternes a due passi, l’arco di Trionfo che lo so, ci sta ma non si vede, la Torre sbrillocca, presenza pesante, il corvo Joe zompetta, sta sempre qui che aspetta la fine, la noce nel becco, vestito di notte, fratello di morte, sai quanto costa una pizza? Venticinque euro e cinquanta. Sulla Senna, direzione inversa riva destra, Orsay sullo sfondo, S.Germain è il re dei fighetti, un texano si ferma al semaforo, cavalca un vespino, stivali di pelle rossa, inserti bianchi, dalla cassa portatile suona Felicità, un bicchiere di vino, un panino, con la bionda, se avessi i soldi, te lo giuro, ci scapperebbe un pompino. Tres bien. Con la mente passeggio, passeggio sempre, che il tempo a passare è lento, ho pochi spicci, quelli servono,  pioggia improvvisa bagna, dura poco ma Dio sa quanto bagna, e Ji Ji scappa, scappa veloce, poi torna, per cinque euro ci puoi comprare il volume primo del teatro di Boris Vian; se lo fai Ji Ji ringrazia, ringrazia sempre nelle sue scarpe viola, come le calze, magra da fare pena, la pelle macchiata di punti di sangue, ero che scorre, ina che scende, le scale, le barche, il grigio dell’acqua, profonda scivola via, e pure Ji Ji ci pensa, il battello che è moscio, e brucia, accarezza la sorella gemella, Liberty la piccerella, dà le spalle a Notre Dame maledetta, Ji Ji passeggia, une saison en enfer illuminations, Rimbaud, O! Joli chateau, vis et laisse au feu, l’obscure infortune, poca fortuna, Ji Ji non pensa, che pensa a fare, con i libri si sa, non si riesce a mangiare. E allora Lambo verde mosca, la vede anche lei, russa bionda matrioska, è una visione, indefinito alone che si ammacca sull’acqua, diva di Vie en Rose, che se allunga la mano potrebbe toccarla. Scende la notte, Ji Ji si avvia sotto al ponte, vin chaud, Monoprix, parapluie in offerta, silenzio, nessun rumore, te lo giuro, lo sento, è un’illuminazione, ancora oggi, mi pare di vederla, le mani rosse spaccate nascoste nel cappotto di lana, viola anche quello, una bambolina, così pare Ji Ji, che sgrana gli occhi, la bocca aperta prima di saltare. Il corvo gracchia, felice, molla la noce che cade dal becco, spicca il volo, plana veloce, pochi secondi e Ji Ji è ancora lì, galleggia appena, vorrebbe cantare la canzone del male, lo so, un giorno lontano l’ha detto, l’ho sentito, lo giuro, lo ammetto. Di alzarmi da questa grata non ci riesco. Avrei potuto danzare e bere con lei, avrei potuto aiutarla, consolarla, abbracciarla, chissà. Ogni tanto, come ora, la penso.