rivista di scrittura verticale

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Sulla quarta corda - rivista di scrittura verticale

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Sulla quarta corda - Rivista di scrittura in verticale nasce il 7 ottobre 2019. Abbiamo cercato di rendere con poche parole il concetto di scrittura verticale: Scrivere in verticale significa superare il limite estremo, oltre il quale scrivere è violentarsi.

Questa definizione è il nostro unico criterio di selezione dei testi pervenuti in redazione. L'indirizzo cui è possibile inviare i contributi è:

info@quartacorda.com

Nessun limite di battute né vincoli di genere; si confida nell'individuale capacità di discernimento tra racconto e romanzo. 

Unica prescrizione: se non avete oltrepassato almeno un limite, se non avete sentito la pelle strapparsi sulla corda e la corda entrarvi in verticale nella carne, evitate di inviare il vostro contributo. Semmai, riflettete sull'unico, imprescindibile requisito che questa rivista ricerca e scrivetene un altro.

Sulla quarta corda non ha la pretesa di stabilire se un testo sia, in tutti i suoi aspetti, meritevole o meno di pubblicazione; semplicemente, saranno scelti i contributi in linea con un'idea di scrittura in verticale.

Sulla quarta corda non è una rivista periodica; la ricezione dei testi è sempre aperta ma ci riserviamo di pubblicare solo nel caso in cui incontrassimo una scrittura in verticale.

❗️ Saranno contattati dalla redazione solo gli autori dei testi ritenuti idonei. Purtroppo non ci è possibile dare un riscontro a tutti❗️

Per maggiori info consultare il Menu>Servizi


Scrivere in verticale, su una sola corda, è dire una verita che è propria, appartiene, ché dirla ti fa vergognare, ché nel dirla ti smascheri; dirla dentro un minimo o un massimo di imprescindibile costruzione narrativa senza la quale non sarebbe scrivere.

In verticale lungo una sola corda, insomma. L’intento della rivista è quello di ricercare una scrittura che si muova nella stessa direzione fino a superare il limite estremo, al di là del quale l'autore comincia a muoversi in un territorio spaventoso, il suo stesso abisso, e accetta il rischio, guardandolo-guardandosi-mostrandosi-esponendosi-scrivendosi-scrivendone, di perdersi.verticale lungo una sola corda, insomma. L’intento della rivista è quello di ricercare una scrittura che si muova nella stessa direzione fino a superare il limite estremo (The End of the Tether, di Joseph Conrad), al di là del quale l'autore comincia a muoversi in un territorio spaventoso, il suo stesso abisso, e accetta il rischio, guardandolo-guardandosi-mostrandosi-esponendosi-scrivendosi-scrivendone, di perdersi.

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Il nome Sulla quarta corda trae libera ispirazione dal titolo con cui è erroneamente noto il Secondo movimento della Suite per orchestra di Johann Sebastian Bach. Tralasciando la particolare bellezza della melodia – che suggerisce l’indifferente giustezza (e non giustizia) della Natura, intesa anche come animalità, istinto – a ispirarci è stato proprio l'aneddoto relativo al nome di quest'opera: non fu Bach a chiamarla Aria sulla quarta corda, ma il violinista tedesco August Wilhelmj, il quale abbassò la composizione di un’ottava in modo da poterla suonare tutta sulla quarta corda del violino. In verticale lungo una sola corda.



CONTRIBUTI


FUORI CORDA

Per le #NoteDiScouting rileggiamo Luca Tosi, autore di “Ragazza senza prefazione”, TerraRossa Edizioni, selezionato dalla Giuria dei Letterati del Premio Campiello.
Luca era passato #sullaquartacordarivista con il racconto "Hotel Excelsior".
Congratulazioni, Luca!

L’infinito ologramma di Maria Gabriella Mariani

un romanzo da rilanciare

(Monica Pezzella)


Leonardo G. Luccone

IL FIGLIO DELLE SORELLE

Il tempo, il dubbio di non esserci, la paura di non sapersi dire

di Monica Pezzella

Non credo vi sia, nella storia della letteratura e tenendo conto delle proporzioni, un romanzo in cui ricorre così tante volte la parola “papà”. Eppure dire che “Il figlio delle sorelle” di Leonardo G. Luccone (Ponte alle Grazie 2022) parla di paternità, famiglia e ansie sociali è ingiustamente riduttivo, facilmente facile. Chi sia il padre e chi il figlio menzionato nel titolo, qui, non va detto. Chi siano le sorelle, anche questo, come tutto ciò che è parte della trama, va lasciato al lettore.    

Se per descrivere un romanzo, dunque, si deve proprio tirare in ballo “il tema” di quest’ultimo, io direi che qui il tema è il tempo. “…questo tempo intermittente incollato dalle parole e dal Moscow Mule”. L’inafferrabilità del tempo, anzi. La pretesa, spacciata in partenza, di incamerarlo; contornarlo e controllarlo; recuperarlo e prevederlo; definirlo. “Definirlo”, ecco. In ogni accezione del termine. Tornano allora proprio loro, a battersi con il tempo (non contro; e forse sarebbe più corretto dire: a confrontarsi con il tempo): le parole. Sono loro quella pretesa già spacciata in partenza, il solo tramite che ha l’uomo, il tentativo, l’àncora, la possibilità di mettere ordine nel caos; speranza e, perciò, condanna.

E allora, se un “tema” dev’esserci per forza, ne “Il figlio delle sorelle” io direi che il tema è questo confronto tra il tempo-oltreumano e le parole-troppo-umane.

Confronto? Paradossalmente, adesso che è entrato in scena l’uomo, non vi è più alcun confronto: adesso, tutta ingabbiata nella mente dell’uomo, sobbollente in un cervello, vi è una mostruosa, vana guerra.

È pazzo, il presunto protagonista di questa storia? È pazzo, quest’uomo che sente “le voci” e che, nell’assecondare il desidero di maternità della compagna (nell’abbandonarsi, nel “tirare avanti […] peggio di due dipendenti svogliati”), nel prendere in considerazione le alternative da lei contemplate (e attuate?) per raggiungere il chimerico obiettivo (biologico? sociale?), nel non saper restare sotto la lama di ghigliottina che pende sulla testa (tempo biologico, tempo sociale, tempo perso, rovinato, macerato, tempo da assicurarsi, tempi imposti)… è pazzo quest’uomo che nel tentativo di definirsi, rannicchiato nella sua testa e nella stanza chiusa delle parole, comincia a dubitare di esistere?

Certo che è pazzo.

“Ninna nanna, ninna oh (Anafranil) questo bimbo a chi lo do (Anafranil) se lo do al lupo bianco me lo tiene tanto tanto (Carbolithium) ninna nanna, nanna fate, il mio bimbo addormentate (Anafranil, Anafranil, Anafranil).”

Certo che è pazzo. Così sinceramente normalmente pazzo – un pazzo così nudo, esposto, espresso, detto – che chi legge le sue parole, nel ritrovarsi in un’umanità tanto vera, è subito tentato di ricorrere a una famosa citazione e riconoscere che, vedete?, quel famoso autore aveva ragione: Siamo tutti uguali, ma alcuni sono più uguali di altri.

Mi sa di no, invece. Siamo davvero davvero davvero tutti uguali, ma alcuni non lo sanno; forse perché non se lo sono mai detti.

Leggi recensione - estratti

“Può bastare uno spigolo, una lingua di terra. O il meno, forse il minuscolo, e se fosse facile stabilire cosa sia il vero, direi che sta nella direzione della sottrazione”.


Arriva Stephen Gregory, Su ali oscure, Providence Press 2022

L'autore cui si ispira il nostro contest dell'orrore torna in Italia con una raccolta di racconti edita anche in edizione deluxe illustrata e in tiratura limitata. Dopo “Il cormorano” e “La piaga dei gabbiani”, è questo il terzo libro di Gregory che Sulla quarta corda propone nell'ambito dell'operazione di recupero dell'intera opera dell'autore gallese.

Scouting e traduzioni di Daniela Pezzella e Monica Pezzella

Andrea Donaera

Le estreme conseguenze (leggi il racconto)

Premio Zeno 2021 - Non muoiono le api

Natalia Guerrieri



BACHECA

eventi - contest - laboratori

BOOKSHARING_NOLIMITS IN DUE VERSIONI attivon12 ore al giorno presso la nostra sede. Info:

Termine invio racconti FUND CONTEST Gelsa: 31 agosto

⚪ La proclamazione dei testi selezionati avverrà nel mese di settembre, in data da destinare.

⚪ L'evasione della fattura per la donazione è garantita entro 12 ore (lavorative) dall'iscrizione al contest.


WORKS - TRADUZIONI E COLLABORAZIONI


RASSEGNA (parziale)

Gianfranco Cefalì - Letto, riletto, recensito

Vertigine! Ponte, altezza, corda. ( la quarta?) No, basta la prima. Bungee jumping (riferimento Giusto?) Sì. Sono in alto molto in alto mi devo buttare, devo? Voglio? Sì, ancora ancora ancora.

Trovo il coraggio e salto con tutto me stesso. Mi butto guardando giù, vedo puntini che riflettono.

Inizia il saliscendi che sembra infinito, su giù su giù su giù, è un continuo e questa fune elastica robusta sembra aver incamerato tanta forza quanto il mondo e il suo andare avanti e indietro non vuole cessare e io a testa in giù cerco di capire la realtà circostante. Sotto di me accanto a me un torrente un fiume in piena le rapide che scorrono in verticale e la portata di tale liquido è imponente e maestosa. Altra immagine: i fuochi d’artificio. Regrediamo: Siamo bambini. Quando la complessità è semplice e la semplicità è complessa. Ci stupiamo di tutto quel lucore e quelle forme, che siano semplici stelle o fiori, fuochi dentro fuochi dentro fuochi dentro… ma siamo rimasti attaccati alla corda, e guardiamo tutto questo alla rovescia e siamo in un continuo ondivagare, stop! Riavvolgiamo il nastro, brutta questa espressione, torniamo indietro nel tempo, oppure avanti o al centro? Siamo sul ponte, sull’orlo con i talloni che ci sorreggono sul bordo, ora dopo tutte le immagini che abbiamo visto, ci buttiamo di nuovo? Sì! Io mi butteri dieci cento mille volte! Questa è la scrittura di Monica Pezzella.


Su LIMINA la recensione di Michele Del Gaudio

Binari di Monica Pezzella, edito da Terrarossa Edizioni, è un libro-non-libro, la contraddizione, forgiato dalla mente per il cuore o dal cuore per la mente, è asettico ed appassionato, tangibile e metafisico: originalissimo. Il fecondo patrimonio linguistico è il vettore che costringe la lettrice, il lettore all’attenzione, a integrarsi, attraverso dettagliate raffigurazioni, con il midollo della storia non storia. Lo stile è innovativo, seducente, tentatore: fende il cielo l’esclusiva tipologia di brani immagine: «Letti accartocciati rotti dai listelli delle persiane in controluce»; «C’è molto di vivo nella cenere infuocata – della sigaretta – quando cade e si sgretola nel buio»; «Era come se tutto l’appartamento ululasse col vento intrappolato nelle mura»; «Il cono di luce emanato dai fari… si ritrae sulla pietra di Luserna dopo aver ingoiato le fioriere ellittiche ai lati dell’ingresso».”

per ZEST LETTERATURA SOSTENIBILE, incontro con l’autore“Cambiamo a seconda dell’età, cambiamo di momento in momento. Pertanto, anche le nostre parole sono mutevoli, si trasformano. Mi domando se la parte di me che desidera scavare più a fondo, scopr…

per ZEST LETTERATURA SOSTENIBILE, incontro con l’autore

Cambiamo a seconda dell’età, cambiamo di momento in momento. Pertanto, anche le nostre parole sono mutevoli, si trasformano. Mi domando se la parte di me che desidera scavare più a fondo, scoprire e stabilire un contatto con la complessità in ogni sua accezione, quella che desidera approfondire il rapporto con gli altri e con il cosmo, che attende la rivelazione, non sia la stessa parte che si sente attratta dall’etimologia. Se, in qualità di scrittori, la nostra ambizione è seguire la carica vitale, muoversi in direzione opposta rispetto al sonno in cui ci farebbe cadere un atteggiamento riduttivo e semplicista, allora la chiave dobbiamo cercarla nella natura mutevole della vita e nell’evoluzione delle parole. Non solo le parole influiscono sul pensiero e rivelano la struttura della mente, ma gli stessi pensieri strutturano e destrutturano diverse realtà, per questo il modo in cui usiamo le parole e gestiamo il pensiero è estremamente importante.”

Italians Book It Better - intervista

Oggi incontro Sulla quarta corda. Una rivista letteraria con le idee molto chiare sul segno che vuole lasciare in chi la legge. La scrittura come atto primitivo che fluisce nei racconti. La scrittura che si fa corpo, mani, gambe e occhi e penetra in chi legge. Le parole scritte o lette come bisogno primario da soddisfare.

Intervista di Modestina Cedola

Grado Zero - Intervista a Monica Pezzella

“Gregory si serve di una lingua limpida e diretta che insiste molto sulla ripetizione di termini e immagini fino a risultare quasi ridondante; questo gli consente tuttavia di conferire a ciascun romanzo un sapore, un odore inequivocabili; un’atmosfera tangibile che finisce con l’impregnare l’epidermide del lettore. Ma io non parlerei di un vero e proprio registro: le sequenze dialogiche sono estremamente colloquiali, soprattutto perché a parlare sono spesso ragazzini o individui piuttosto eccentrici, e Gregory ne rispetta la realtà dell’espressione verbale. Tuttavia, quando si tratta di descrizioni paesaggistiche o incursioni nel pensiero, il registro si eleva di molto, talvolta sfocia persino nel tecnico. Ed è in questo contrasto che si distingue, inequivocabile, la sua voce di scrittore”.

Dire quasi la stessa cosa: Monica & Daniela Pezzella e John Hart

“Di frequente, soprattutto se si tratta di libri di genere, gli editori richiedono una resa in italiano più piatta, scorrevole e accessibile rispetto all’originale inglese. Il più delle volte accade proprio con le traduzioni di autori americani, perché la grande fruizione di opere americane ha innescato in Italia una sorta di caccia alle streghe contro le americanate, per cui proprio l’operazione di trasferimento del “diverso” si traduce in un testo normalizzato ed “epurato” da termini specialistici, imprecazioni, linguaggio parlato, espressioni linguistiche strambe tanto per il lettore italiano quanto per quello inglese/americano (quasi un secondo editing, insomma, atto a non stancare e scandalizzare). Il risultato rischia di essere un libro spersonalizzato, privo delle sfumature e coloriture culturali che consentirebbero al lettore italiano di inquadrare il testo immergendosi a fondo in una realtà diversa dalla propria (basti pensare, per esempio, a come l’attenta e coscienziosa riproduzione del linguaggio dei bambini in It di Stephen King aggiunga notevole valore e personalità al romanzo)”.

cit. Daniela Pezzella, intervista di Giacomo Verri

per Altri Animali blog

“La lingua di Miranda Mellis è un esercizio di sincerità; sia quando esprime idee sull’attuale situazione politica, sia quando racconta esperienze, storie e sogni. E le sue parole, oltre che vere, non perdono profondità riuscendo a legare immagini tra loro diverse: se Il Revisionista, pubblicato da Nutrimenti e tradotto da Leonardo Luccone, è un romanzo anatema contro i bugiardi padroni del pianeta, The Spokes, in uscita a marzo per Wojtek nella traduzione di Monica Pezzella, rivela una visione più intima”.

Un’intervista con Stephen Gregory

“Sono innanzitutto felicissimo di essere stato finalmente pubblicato in Italia e ti ringrazio per l’intervista.
In breve, sono uno scrittore inglese con sette libri all’attivo. Ho abbandonato l’insegnamento negli anni Ottanta (dopo aver lavorato in diverse scuole in Inghilterra e nel Galles, in Algeria e in Sudan) per andare a vivere in un minuscolo cottage sui monti della Snowdonia, nel Galles meridionale.”

Stephen Gregory per LIBERI DI SCRIVERE blog